Non capita spesso di vedere una pattuglia di carabinieri fare la guardia a due lupi. Eppure eccoli lì, ritti sotto la pioggerella, a vigilare la villa di Roberto Calderoli, ex ministro leghista della Semplificazione e in questi giorni alle prese con la bufera nel suo partito.
La casa di Calderoli, considerato l’uomo più influente fra i leghisti orobici, è sui colli fra Bergamo e Mozzo. Da queste parti l’ex ministro non si vede moltissimo. Ma, quando si parla di lui, ci sono alcuni argomenti (oltre alla politica) che tornano fra i concittadini: la casa presidiata, il leggendario zoo. Partiamo da quest’ultimo: oltre la cancellata della villa dovrebbe trovarsi la folta fauna di cui il lumbard ha raccontato a più riprese – fra il serio e il faceto – parlando della sua casa sui colli. Lupi marsicani, un pony, un’ara macao, un’aquila. Le leggende metropolitane hanno parlato anche di un’orsa e di un tigrotto. Vero o falso? Non si sa.
Il padrone di casa, come detto, qui ci sta poco. Ieri non c’era. In compenso c’è sempre (altro tema di discussione) la vigilanza fissa. Talmente fissa che hanno dovuto costruire una pensilina per proteggere gli uomini dal maltempo. La villa è presidiata giorno e notte da otto persone, due per ogni turno di sei ore, anche se l’ex ministro non è presente. Sotto la pensilina si alternano polizia, carabinieri e Guardia di finanza (che salta un turno quotidiano su due). Se si calcola una media di tremila euro lordi di stipendio per dieci uomini al giorno (compresi i due di riposo), il presidio costa una bella cifra. «Ma non serve – taglia corto Gianluca Brambilla del sindacato di polizia Siap -. La villa è su una collina circondata da un bosco, il presidio fisso all’ingresso è inutile. Sarebbe meglio una sorveglianza in movimento, integrata da telecamere. Ci sono uomini e fondi impiegati a presidiare la casa di un ex ministro e che potrebbero essere utilizzati in altro modo». Ma Calderoli non si muove sempre iper-scortato: all’ultima Bèrghem Fest è arrivato tutto solo in motorino.
Poi c’è la bella villa, su cui nel 2009 si animò il dibattito in Comune. La richiesta di ampliamento si scontrò con i vincoli del Parco dei Colli, il sindaco leghista di Mozzo convocò un Consiglio un sabato a mezzogiorno per approvare degli emendamenti, la minoranza lasciò l’aula dicendo che «siamo qui apposta per Calderoli». «Figuriamoci se Calderoli mi fa convocare il Consiglio apposta – sbuffa il sindaco leghista Mario Peroni -. Lui a Mozzo non ha mai interferito». Lo conferma Mario Monachese, sindaco leghista per 10 anni, che ha da tempo lasciato il partito: «Riconosco che Calderoli a Mozzo è una presenza molto discreta». Non è d’accordo l’ex segretario della sezione Mario Cattaneo, dimessosi dopo 14 anni: «Le trattative per le elezioni venivano fatte sopra la mia testa. Poi mi hanno detto di eclissarmi». «Pagliacciate, Calderoli non si è mai occupato di politica amministrativa: ho detto io a Cattaneo di eclissarsi per non togliere spazio ai candidati», replica il segretario provinciale leghista Cristian Invernizzi. Che non si sbilancia sulle vicende attuali, con le intercettazioni che hanno travolto la Lega e che in alcuni passaggi coinvolgono lo stesso Calderoli: «Le cose sono ancora tutte da chiarire».