Mozzo/Resistenza: ” LA TRIESTE REALTA'” di Luigi Rota (3a parte)


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Ricordi di una giovinezza vissuta in tempo di guerra

LA TRISTE REALTA’

La prima parte terminava con un « Hurrà!» di gioia al pensiero che i nostri amici Staiko e Svoba
fossero in un posto sicuro e protetti: purtroppo la nostra felicità durò solo un giorno.
Il posto dato per sicuro non lo era per niente.
Nei giorni precedenti la cattura, si aggirava in paese un signore che si spacciava per un comandante partigiano:

andava di casa in casa, chiedendo ai contadini se c’erano dei prigionieri stranieri promettendo che li avrebbe aiutati a fuggire sulle montagne. Avutane la conferma radunò tutti questi uomini in un capanno per attrezzi alle Carpiane, con la promessa che il giorno seguente sarebbero stati accompagnati in Val Taleggio da due partigiani. Ma grande fu la sorpresa.
Al posto dei partigiani arrivarono due pattuglie di soldati tedeschi, che con armi alla mano li fecero uscire all’aperto e dopo aver dato fuoco al capanno li condussero in piazza della chiesa. Qui li fecero allineare contro il muro vicino al campanile; dalla parte opposta della Piazza piazzarono una mitragliatrice per tenerli sotto controllo, in attesa che arrivasse un camion che li avrebbero portati via.
Noi ragazzi eravamo tutti in Piazza, seduti sul marciapiedi opposto (davanti alla casa Fiorendi). Guardavamo in faccia uno ad uno questi prigionieri cercando di vedere se c’erano i nostri due amici, Staiko e Svoba.
Purtroppo Svoba era stato catturato ed era là spalle al muro, ma Staiko non era presente, forse non l’avevano preso, era salvo? Arrivò il camion, li fecero salire e Svoba si affacciò da una fessura del telone e ci salutò con la mano, e noi con le lacrime agli occhi contraccambiavamo il saluto agitando le mani.
Finite le ostilità, a guerra finita, Staiko venne in paese, e andò a ringraziare i contadini che lo avevano ospitato. Questa testimonianza è raccontata da Renato che in quel periodo (aveva 15 anni) lavorava in casa della famiglia di Giuseppe Bonacina come aiutante nel lavoro dei campi.Dice Renato:« Una mattina arrivò Staiko, aveva il fucile a tracolla, due bombe a mano alla cintola e un foulard rosso al collo; era allegro, ci abbracciò tutti. Andò in casa di Pasquale Bonacina e di Virginio Nava che con tanto rischio lo avevano tenuto nascosto nel portico, dandogli da mangiare(lui in cambio costruiva ceste di giunco). Pasquale sorpreso, gli chiese come aveva fatto a salvarsi, e dove si era nascosto.» Rispose Staiko:« Quell’uomo che voleva salvarci, non mi dava fiducia. Sentivo dentro di me che era un traditore. Ho cercato di convincere i miei compagni, ma non mi diedero ascolto.Mentre loro quella sera andarono nel capanno delle Carpiane, io salii sul monte Guzza e dormii nel capanno dei Belotti. Il mattino dopo dalla cima del monte guardando verso le Carpiane vidi un movimento di uomini; purtroppo il mio dubbio si era avverato, quegli uomini erano tedeschi, altro che amici salvatori!…Seguii tutta la scena, li accompagnai con lo sguardo mentre in fila indiana scendevano da via Don Todeschini finchè scomparvero dietro la mole della grande chiesa, e non vidi più nulla. La notte seguente mi incamminai attraverso il bosco e all’alba raggiunsi Petosino, dove incontrai un contadino che caricava delle mucche sul camion. Bastò uno sguardo e …ci capimmo subito. Mi disse:”Vado in Val Taleggio, vieni con me, là sarai al sicuro”, e così feci.- Ed ora eccomi qua sano e salvo in attesa che il Comitato di Liberazione sbrighi le pratiche per il mio rimpatrio».
Conclude Renato:« Fu l’ultima volta che vidi Staiko. Spero abbia raggiunto la sua Grecia sano e salvo».

Luigi Rota

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